Pubblicato il: 22/04/2020
La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30727/2019, ha avuto modo di pronunciarsi nuovamente in materia di responsabilità medica.
In particolare, la vicenda sottoposta allesame degli Ermellini vedeva come protagonisti due genitori, i quali si erano rivolti ad un medico ecografista per eseguire unecografia morfologica del figlio che la donna portava in grembo. Durante lesame, però, il medico non era riuscito a vedere la grave malformazione presente sul volto del feto, poiché questo era voltato in modo tale da non rendere visibile il lato del volto interessato da detta malformazione. Nonostante ciò, tuttavia, il medico aveva comunque ritenuto che il volto del bimbo fosse nella normalità.
Dopo aver scoperto la realtà dei fatti, i genitori convenivano in giudizio il medico ecografista, evidenziando come lo stesso non avesse rilevato e diagnosticato la grave malformazione di cui era affetto il figlio, durante lo svolgimento dellecografia morfologica.
Entrambi i giudici di merito, però, rigettavano le domande attoree. Il Tribunale, infatti, affermava come, da un lato, i genitori non avessero dimostrato che, se fossero stati informati della sindrome di cui era affetto il figlio, avrebbero interrotto la gravidanza, e, dallaltro, come gli accertamenti svolti dal perito incaricato avessero confermato la correttezza delloperato del sanitario nellesecuzione dellecografia.
La decisione di primo grado veniva confermata anche dalla Corte dAppello, la quale evidenziava, peraltro, come dalla CTU fosse emersa, non solo la correttezza dellesecuzione dellecografia, ma anche che, nel caso di specie, non esistevano elementi di rischio o di sospetto tali da indicare la necessità di disporre lesecuzione di accertamenti ecografici più specifici.
Avverso tale decisione la coppia ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, essenzialmente, la violazione e la falsa applicazione dellart. 1176 del c.c., in quanto, a loro avviso, ladita Corte dAppello non aveva valutato lattività dellecografista sulla base dei parametri di diligenza specificamente richiesti per lo svolgimento della sua attività. Tali parametri, infatti, prescrivevano al professionista la visualizzazione di entrambe le orbite, la scansione longitudinale della colonna vertebrale e lesame dellestremo cefalico.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribadendo, in primo luogo, il suo consolidato orientamento in base al quale, in materia di responsabilità medica, la diligenza nelladempimento della prestazione professionale va valutata utilizzando come parametro di giudizio, non la diligenza del buon padre di famiglia, ma quella del debitore qualificato, ai sensi del comma 2 dellart. 1176 c.c. Ciò significa che, in presenza di un paziente che presenti dei sintomi aspecifici, il medico ha lobbligo di prendere in considerazione tutti i possibili significati del suo quadro clinico, nonché di segnalare le possibili ipotesi diagnostiche (cfr. Cass. Civ., n. 30999/2018).
Secondo gli Ermellini, inoltre, il medico che formuli una diagnosi di normalità morfologica di un feto, basandosi su degli esami strumentali che non gli abbiano consentito, senza sua colpa, di visualizzare il bimbo nella sua interezza, è obbligato ad informare la gestante della possibilità di rivolgersi ad un centro più specializzato, in vista anche della sua possibilità di interrompere la gravidanza, qualora ne ricorrano i presupposti di legge.
In questi casi, peraltro, pur ricadendo il relativo onere probatorio, in capo alla parte attrice che lamenti la mancata informazione da parte del medico, tale prova non può che avere natura meramente presuntiva, facendo riferimento al grave pericolo per la salute psichica della donna, il che costituisce la condizione richiesta ex lege per procedere allinterruzione di gravidanza (cfr. Cass. Civ., n. 15386/2011).
Per guanto concerne, invece, la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, lonere di provare il nesso causale tra la malattia e lazione od omissione dei sanitari, incombe sul paziente che agisca in giudizio. Qualora, però, il danneggiato abbia assolto a questo onere, sarà la struttura a dover dimostrare limpossibilità della prestazione derivante da causa ed essa non imputabile, provando come linesatto adempimento fosse dovuto ad un impedimento imprevedibile ed inevitabile usando lordinaria diligenza (cfr. Cass. Civ., 2416/2019; Cass. Civ., 26700/2018).
Orbene, esaminando il caso di specie alla luce di tali principi, emerge chiaramente come la Corte d’Appello non abbia approfondito in modo adeguato gli aspetti, pur richiamati in sentenza, relativi alla “posizione di vertice” e al “dorso orientato a destra” che gli appellanti avevano prospettato come fattori limitanti l’indagine. Gli stessi, al contrario, sono stati liquidati, in modo molto sbrigativo, come fattori non implicanti la necessità di ulteriori accertamenti.
Secondo i giudici di legittimità, però, un atteggiamento di questo tipo non risulta in sintonia con una corretta valutazione della diligenza dimostrata dal sanitario, considerando che proprio il fatto che il dorso orientato verso destra aveva impedito lesame del relativo lato del volto, sul quale, poi, si sono rivelate essere presenti le gravi malformazioni lamentate dai ricorrenti.
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